Dialoghi Sinodali. Il consultorio familiare protagonista nella costruzione del nuovo umanesimo.

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Una Chiesa che si interroga, pone questioni e cerca risposte, una Chiesa che si mette “nel duplice ascolto dei segni di Dio e della storia degli uomini e nella duplice e unica fedeltà che ne consegue” (Relatio Synodi, 3), è una Chiesa che fa i conti con la propria umanità, che poi è l’umanità di tutti gli uomini, fatta propria da Gesù nella sua persona e nel suo corpo mistico, due realtà distinguibili ma non separabili.

 

Questa Chiesa che si fa ragione interrogante compie un atto di gratitudine e di lode a Cristo che le ha donato una fede pensata e pensante, un atto di fedeltà alla missione che lo stesso Cristo le ha affidato, e un atto di fiducia, sollecitudine e stima nei confronti dell’uomo che custodisce il mondo e ne costruisce la Storia. Questa Chiesa interrogante, che perciò si mette in dialogo, non è soltanto un filo sotteso in tutta la Relazione del Sinodo, ma è un enunciato chiaramente espresso. I vescovi sinodali, con spirito di realtà e umiltà, nella conclusione della loro Relazione, dichiarano che i contenuti di questa non trattano di decisioni prese, bensì di riflessioni che intendono porre questioni e indicare prospettive, non facili, che dovranno essere maturate e precisate dalle Chiese locali, con il cammino collegiale dei vescovi e il coinvolgimento dell’intero popolo di Dio, aprendosi al coraggio della fede e all’accoglienza umile e onesta della verità nella carità (RS,62).

 

Pur se l’evangelizzazione, com’è noto, non costituisce un compito diretto del consultorio familiare che si attesta “tra le strutture non propriamente pastorali, ma piuttosto finalizzate alla promozione umana della coppia e della famiglia” (CEI, Direttorio di Pastorale familiare, 249, 1993), un Sinodo dedicato alla vocazione e missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo fa del consultorio familiare un soggetto interessato al tema.

 

Di più. Considerati i risvolti umani e sociali che il pronunciamento del Sinodo contiene, la chiamata rivolta all’intero popolo di Dio a coinvolgersi nel discernimento della verità sulla famiglia fa del consultorio quasi un interlocutore naturale privilegiato, sia nella ricerca della lettura della famiglia che dell’azione pratica a favore di questa. Si possono, infatti, applicare agli operatori del consultorio quel rispetto del proprio ministero e carisma richiesto all’impegno dei fedeli per la famiglia (cfr RS,30).

 

La prima parte della relazione dedicata all’ascolto (RS, 5-10), ovverossia alla lettura dei contesti socio-culturali e della vita affettiva nei quali oggi versa la famiglia, disegna una problematicità pienamente condivisibile dal consultorio familiare nei suoi contenuti descrittivi. Di più, essa rappresenta un terreno sul quale il consultorio da sempre si confronta operativamente con le persone che ad esso si rivolgono. I suoi operatori, infatti, rispondono alle necessità familiari relazionali, educative, psicologiche, sociali, sanitarie, giuridiche, ecc., che emergono dalla comunità territoriale nella quale il consultorio è immerso e con la quale interagisce lungo le sue trasformazioni ed i suoi cambiamenti.

 

Al passo di queste trasformazioni, non di rado in forma predittiva rispetto ad altri uffici e strutture, con una creatività motivata a rispondere a nuovi bisogni, il consultorio diventa un promotore di servizi collaterali. I quali, mentre contribuiscono a risolvere problematicità particolari, talvolta in collaborazione con altre istituzioni, offrono alle famiglie strumenti di consolidamento delle relazioni al suo interno e di competenze atte ad affrontare la vita sociale circostante. Esemplari, in tal senso, sono l’istituzione di telefoni amici, i servizi di assistenza di vario genere dei consultori a favore dei migranti, di diverse etnie, con diverse culture e religioni, soprattutto nelle terre di primo approdo, come pure nelle regioni nelle quali essi si stabiliscono, la costituzione di spazi a tutela del bambino nei quali genitori in difficoltà relazionale si possano incontrare, ed altri.

 

Ecco, allora, che “la sfida della Chiesa di aiutare le coppie nella maturazione della dimensione emozionale e nello sviluppo del dialogo, della virtù e della fiducia nell’amore misericordioso di Dio” (RS, 9) diventa anche una sfida per il consultorio familiare, con il relativo affinamento degli strumenti e dei metodi che gli sono propri. Consultorio che non sempre, come è stato detto, può direttamente ed esplicitamente parlare dell’amore di Dio con le persone che accoglie, poiché la sua mission non è l’evangelizzazione. Può, però, far trasparire quello stesso amore attraverso la testimonianza che deriva dal suo servizio, nel lavoro di disporre se stesso all’“accoglienza umile e onesta della verità nella carità” nella sofferenza umana rappresentata dagli utenti, e nell’intento di accompagnare a tale accoglienza la persona, la coppia, la famiglia che richiede la sua collaborazione. Il compito intenzionale dell’operatore di consultorio è impegnativo ed affascinante, poiché si propone di far vivere alle persone che a lui si rivolgono la pienezza della verità sull’uomo, secondo la possibile gradualità elevante. Com’è nello stile del consultorio che accetta di accompagnare la sfida delle dinamiche di quella verità, che vive e palpita nella realtà relazionale quotidiana. Verità che dialoga, confluisce e s’innesta con l’attenzione ai grandi valori umani che la Chiesa sente di portare nella sfida per la pastorale, che si apre all’“accoglienza delle persone con la loro esistenza concreta” (RS, 11),

 

Esistenza concreta che la Chiesa affronta con lo sguardo rivolto a Cristo, conformandosi a quella pedagogia divina (RS, 13,25) che, partendo dal matrimonio originario sul quale Dio ha fondato la famiglia, attraversa la storicità del peccato e culmina nell’alleanza sponsale di Cristo con la Chiesa, di cui il matrimonio è sacramento (RS, 15-16). E se (alla fine del numero 16) i padri sinodali quasi intonano gioiosi un piccolo inno del Vangelo della famiglia, nondimeno pronunciano parole accorate guardando alle tante fragilità umane e situazioni personali che tale Vangelo non vivono appieno o non conoscono (RS, 24-27).

 

Fragilità e situazioni che molto spesso sono oggetto dell’attenzione del consultorio familiare nelle loro dimensioni umane e sociali, nonché spirituali e religiose ove esse siano avvertite, rappresentate o problematizzate dagli utenti. Stabilite le dovute differenze, sentiamo riecheggiare risonanze di stile consultoriale nell’attenzione e premura con cui la Chiesa deve accompagnare i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito, ridonando fiducia e speranza (RS, 28). Così, nell’empatia dell’operatore di consultorio, possiamo vedere applicata un’eco, seppure lontanissima dello sguardo accogliente di Gesù. Come pure possiamo vedere un’immagine, anch’essa lontanissima, della prossimità del Signore nei confronti di chi soffre, spera ed ama, nell’azione di accompagnamento compiuta dall’operatore di consultorio. Il quale partecipa e non condanna mentre conduce l’utente alla scoperta della verità della propria persona e delle relazioni affettive. Scoperta che prepara la volontà a cambiare comportamenti e stili di vita.

 

Quell’eco e quell’immagine non sono soltanto similitudini, ma propongono un modello alto, ed allo stesso tempo umanissimo, alla metodologia relazionale dello specialista consultoriale nel suo farsi carico della problematica umana di chi ripone in lui la sua fiducia. Il quale nel suo andare incontro alla sofferenza dell’utente, deve spesso accompagnarlo per condurlo ad uscire da una situazione di chiusura patita, agita o negata, verso una posizione dalla quale vedere e guardare dentro i nodi problematici, che possono contenere possibilità di superamento, di guarigione delle ferite e di nuova illuminazione della propria realtà.

 

In questo processo di accompagnamento il protagonista del cambiamento è la persona, la coppia, la famiglia, che si rivolge al consultorio, essendo lo specialista colui che promuove o propone nuove possibilità di percorsi, nell’accoglienza, nella solidarietà e nella sinodalità interpersonale verso l’assunzione di responsabilità, che educa dal vecchio al nuovo.

 

Gli operatori di consultorio sanno che non è la normatività ingiuntiva priva di significato per la vita e di compresa giustificazione che pro-muove la persona, ma l’adesione razionale ed affettiva a ciò che si giudica, si valuta importante per se stessi, l’adesione a ciò che agli occhi della persona appare come un valore, ovvero a ciò per cui valga la pena vivere e agire. La ricerca e la scoperta del valore non è uguale per tutti, anzi si differenzia da persona a persona, mentre si con-vive nelle scelte quotidiane. Se da una parte in questo c’è l’affermazione dell’originalità di ogni uomo e donna, che in forma personale “gradualmente” si avvicina alla verità valorizzata e amata per la vita, dall’altra c’è l’affermazione del sistema relazionale in cui siamo collegati in una molteplicità di dimensioni.

 

L’antropologia personalistica e il sistema di valori che concorrono a comporla risultano qui di primaria importanza. Accanto a questo c’è la partecipazione alla condivisione dei valori nei contesti formativi, dove la famiglia da oggetto destinatario di attenzioni può diventare soggetto che agisce da protagonista e promotore di formazione, nella sua qualità di agenzia educativa primaria non soltanto per l’età evolutiva, ma anche nelle dinamiche degli adulti. Tanto che nel Sinodo “è stata ripetutamente richiamata la necessità di un radicale rinnovamento della prassi pastorale alla luce del Vangelo della famiglia, superando le ottiche individualistiche che ancora la caratterizzano”(RS,37), e si arriva ad ufficializzare quanto da più parti già richiesto o messo in opera: “Per questo si è più volte insistito sul rinnovamento della formazione dei presbiteri, dei diaconi, dei catechisti, e degli altri operatori pastorali mediante un maggiore coinvolgimento delle famiglie” (ivi), facendo delle famiglie quasi dei docenti associati nella formazione dei “quadri” ecclesiali.

 

Ma se la Chiesa, attraverso il Sinodo, chiede un “radicale rinnovamento” del suo modo di operare nella pastorale ponendo la famiglia in cattedra, specularmente chiede che quanti operano in ambito culturale, sociale e politico, si attivino a rimuovere gli ostacoli che impediscono un’autentica vita familiare (RS, 38). Tra i soggetti sociali e culturali possiamo annoverare anche i consultori, che nel loro specifico, diffondono cultura della famiglia e contribuiscono a migliorare la società.

 

Gli operatori dei consultori familiari, certamente, si sentono confortati nel costante proposito di rafforzare la portata della loro umanità nella relazione d’aiuto e nell’affinamento dell’“arte dell’accompagnamento” (RS, 46), quando leggono nelle parole della Relazione i loro stessi intenti nel curare le famiglie ferite, accolte con pazienza e delicatezza (RS, 43). Le tante forme di perdono, a volte difficile (RS, 44) alle quali poter condurre nel tempo, a volte molto lungo, le persone offese; il trattare l’effettiva realtà delle fragilità familiari con sguardo differenziato (RS, 45); la possibilità che siano gli stessi consultori i centri di ascolto specializzati alla riconciliazione e alla mediazione (RS, 47); la sollecitudine dispiegata soprattutto quando nelle situazioni di difficoltà c’è la presenza dei figli o non è esente la povertà (RS, 50); il rispetto e la delicatezza con cui accogliere gli uomini e le donne con tendenze omosessuali (RS, 55), sono tutti temi di cui si parla nella Relazione. Possiamo pure dire che sono anche pennellate utili a delineare il lavoro degli operatori che fa dell’attento ascolto delle persone un punto di forza di un servizio che, nel dialogo che si articola secondo le situazioni e le età, avanza proposte di educazione, formazione e crescita sia in ordine al progetto famiglia (cfr RS, 58-60) sia quando tale progetto diventa problema.

 

Il dialogo aperto dalla Chiesa con questo Sinodo sulla famiglia diventa, allora, anche un fraterno, fiducioso, leale e collaborativo guanto di sfida rilanciato innanzitutto al suo interno, ma, di conseguenza, anche al suo esterno, poiché la Chiesa è nel mondo e per il mondo.

 

Come dire, dalla questione famiglia nessuno può sentirsi esonerato; essa riguarda tutti, la Chiesa, le Nazioni, gli Stati, la società civile, le religioni, l’umanità intera, poiché ne va di mezzo il fondamento stesso della loro esistenza. La Chiesa intende, in modo convinto, dare una mano non soltanto a chiarire questioni, ma soprattutto nel far vivere all’uomo e alla donna di oggi la verità sulla famiglia che rinnova la faccia della terra nelle generazioni e nelle trasformazioni che esse producono.

 

Anche gli operatori dei consultori sono coinvolti operativamente in questo franco, nuovo e costruttivo dialogo/sfida, come professionisti e come cittadini che partecipano con sollecitudine alla vita della città dell’uomo. Non pochi anche come cristiani.

 

Ci avviamo ormai verso la celebrazione del Sinodo Ordinario sulla famiglia in Roma (4-25 ott. 2015), preceduto dall’VIII Incontro mondiale delle famiglie a Filadelfia (22-27 nov 2015) e seguito dal V Convegno ecclesiale nazionale di Firenze “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”(9-13 nov. 2015). Un concentrato di eventi importanti e significativi di grande apertura al dialogo ed al confronto che cade nel 40° anniversario dell’istituzione con legge di stato dei consultori familiari in Italia (Lg. 405/1975), a testimonianza della perenne e sollecitante novità della originalità della famiglia.

 

Il consultorio familiare con la profezia che contiene, nel suo collocarsi tra evangelizzazione e promozione umana, si attesta come luogo ormai storico per la continua e costante costruzione di un umanesimo perennemente nuovo. Che, al pari di ogni umanesimo che ricerca la bontà, la bellezza e la verità dell’uomo, anela nel suo profondo ad una trascendenza che dia risposte proattive alle molte inquietudini della mente e del cuore di ogni uomo e di ogni donna, chiamati con il proprio nome.

Pantaleo Nestola

Iniziative dalle federazioni

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